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GIORGIO DAL CANTO TRA LEGGEREZZA E POESIA
Riccardo Ferrucci
La mostra "Una storia (contro)" di Giorgio Dal Canto dimostra compiutamente,
attraverso un vasto ciclo di opere, la grandezza artistica raggiunta
dall'artista pontederese che, in oltre quaranta anni di attività, ha saputo
creare un affresco tragico ed ironico dell'umanità, divisa in due grande
categorie umane : gli uomini bombetta in nero che detengono il potere e gli
uomini righe colorati che subiscono l'arroganza del potenti.
Per Dal Canto è naturale schierarsi dalla parte dei deboli, dei semplici,
degli uomini che subiscono passivamente l'incedere della storia e che
vengono di frequente calpestati nei loro diritti, nelle legittime
aspirazioni. La caratteristica e l'originalità della pittura di Dal Canto è
quella di saper descrivere i rapporti di forza esistenti ed il procedere
sempre di più verso una civiltà fredda e tecnologica, ma raccontando il
tutto in modi surreali sempre diversi. La magia della poesia e le mani
artigianali della fantasia permettono all'artista toscano di trovare nuovi
modelli figurativi per raccontare l'eterno gioco della vita, della storia e
del potere. Il suo ultimo ciclo " Burattini" dimostra ancora una volta la
rara capacità inventiva di Dal Canto, in grado di realizzare una vasto
affresco tragicomico partendo dalla storia universalmente nota di Pinocchio;
l'idea dell'artista non è semplicemente quella di raccontare e descrivere le
storie del personaggio collodiano, ma di attraversare questi simboli
conosciuti con il proprio timbro poetico e stilistico, narrando una nuova
tragedia contemporanea che guarda al passato e illumina il presente.
Le immagini della favola contengono già al loro interno una forte critica
sociale e l'idea di un meccanismo di potere che annulla le aspirazioni alla
libertà e alle scelte individuali: al fondo del percorso poetico si coglie
l'idea di un'umanità ridotta in schiavitù e priva di strumenti diretti di
conoscenza. La televisione, il computer, il cellulare sono i simboli di una
fragile modernità , ma diventano, per l'autore toscano, gli strumenti per
manipolare le coscienze e per creare una realtà mediata e soltanto virtuale.
I popolari uomini righe sono incapaci di cogliere la realtà del mondo,
costretti a vivere, ormai in un civiltà globale e totalmente manipolata,
come quella descritta da Orwell nel profetico libro " 1984 ".
Il grande fratello che guida e sorveglia i nostri desideri, gli slanci
affettivi, le emozioni ci obbliga a compiere percorsi già segnati e
programmati, impedendo di vivere liberamente, ma costringendo tutti gli
attori in scena ad inseguire falsi miti e utopie che non portano alla
felicità, ma semmai alla tragedia e alla solitudine. Il dipinto dei
burattini che finiscono dentro il cassonetto è la storia esemplare della
nostra civiltà che distrugge i nostri sentimenti, le naturali aspirazioni
dell'uomo. Il tono del racconto è drammatico, autentico, tragico, ma
continuamente elevato dai timbri poetici dell'invenzione e della fabulazione
che trova nuovi modi originali per esprimere, con fantasia, le ansie del
nostro tempo.
In Dal Canto ritroviamo il linguaggio autentico e popolare di un altro
grande artista toscano, Giuseppe Viviani , che riusciva ad illuminare, con
poesia ed umanità, un mondo affollato di personaggi umili ed emarginati. Gli
uomini righe di Dal Canto sono una continuazione ideale delle figure di
Viviani, protagonisti di un gioco che non comprendono fino in fondo e nel
quale sono costretti a subire le regole scritte e stabilite da altri. La
forza di Dal Canto è quella di riuscire a creare una visione tragica e
drammatica, ma descritta sempre attraverso le corde dell'ironia e della
satira. Per certi versi queste storie ci ricordano per la loro profondità ed
armonia i mondi poetici creati da Antonio Possenti e Franz Borghese, artisti
che dietro una festa di segni e colori nascondono, comunque, profonde
inquietudini ed incertezze.
Ricordava il regista russo Andrej Tarkovskij "Coloro che rimarranno nella
storia del cinema come autori sono tutti poeti. A mio avviso esiste una
legge: il cinema d'autore è un cinema di poeti. Che cos'è un poeta nel
cinema? E' un regista che crea un proprio mondo e non tenta di riprodurre la
realtà che lo circonda." Nella pittura vale un'identica legge ed in questo
senso possiamo affermare che anche Dal Canto è un autentico poeta che crea
un proprio universo, non limitandosi a riprodurre la realtà quotidiana. La
dimensione della favola, della rielaborazione artistica è sempre forte, il
mondo è diviso in due grandi categorie ( gli uomini righe e bombetta), ma la
storia (contro) di Dal Canto pervade ogni momento narrativo: dai recenti
burattini al ciclo dei giocatori, dalle memorie locali alle storie intorno
alla torre pendente.
L' universo pittorico creato, in decenni di lavoro ed invenzioni, da Giorgio
Dal Canto può essere letto come un unico grande affresco dedicato ad
un'umanità dolente che perde i valori autentici e resta sempre più
prigioniera di sogni ed utopie tradite. Di fronte a continue sollecitazioni
poetiche il nostro autore è come un demiurgo che estrae dal suo mazzo di
tarocchi sempre nuove visioni ed un gioco combinatorio inesauribile,
rendendosi conto che la pittura è forse soltanto la rara capacità di dare
voce all'indefinibile, al mistero, ai segreti della vita. Italo Calvino tra
i valori fondanti per il nuovo millennio indicava la leggerezza "le immagini
di leggerezza che io cerco non devono lasciarsi dissolvere come sogni dalla
realtà del presente e del futuro". Per strade diverse anche Dal Canto in
tutta la sua avventura pittorica insegue un sogno di leggerezza e di lievità
che gli permetta di superare il grigio e l'opaco dell'età presente. Il suo
sguardo è ironico e disilluso, ma il suo affetto e il suo amore vanno verso
i semplici uomini righe, perdenti sulla tela, ma portatori di un'idea di
umanità e di verità incancellabile . Se viviamo nell'era della televisione e
del digitale nessuno può farci dimenticare la forza di un sorriso, un lembo
di cielo, un affetto sincero. E' questa la leggerezza della vita e dello
stare insieme che l'autore ci invita a non dimenticare, per ritrovare
immagini fragili, delicate, raffi nate, ma che riescano a resistere alla
logica del potere e alle false lusinghe della civiltà.
Dal Canto è riuscito magicamente a trovare , grazie alla sua coerenza e al
suo impegno etico, quel fragile punto di equilibrio tra armonia e colore,
tra narrazione e canto che gli ha permesso di costruire un mirabile universo
di storie ed illusioni, di luci e colori, che diventa semplicemente e
misteriosamente poesia.
maggio 2009